giovedì 2 febbraio 2012

Bellissimo articolo di Barbara Castellaro per World Figure Skating: link originale, in inglese tradotto dall'italiano da Giorgia Ruggeri.
http://fskating.com/2012/01/blow-for-blow.html

traduzione:
A Torino mi aveva confessato, durante un’intervista, di non essere al massimo della forma, di voler finire la stagione, ma di essere consapevole di doversi sottoporre ad un nuovo intervento chirurgico, di avere un solo grande obiettivo: la quarta Olimpiade a Sochi, nella sua patria, nella sua amata Russia.
Gli antisportivi, molti giornalisti pronti a vendersi al nuovo campione, a seconda della moda del momento, nel pattinaggio, come in altri settori dello sport e della vita, dopo lo short program, peraltro di alto livello, ai Campionati Europei di Sheffield, dove solo Artur Gachinski era riuscito a batterlo di pochi centesimi, avevano parlato di un ritiro dalla competizione, di un inizio inesorabile di declino per l’ultimo Zar di Russia, senza nemmeno riflettere sul fatto che Evgeni Plushenko è già entrato nella leggenda, che nulla deve dimostrare e che se un avversario ha, è soltanto se stesso, per superarsi ancora una volta e sempre, per battere i propri record, un una lotta continua ed inesorabile di Evgeni contro Evgeni.
Ma Plushenko, carattere d’acciaio, occhi ghiaccio come il lago della sua Siberia, ha sempre amato le sfide, ha trovato stimoli nelle critiche e ha risposto colpo su colpo, con i fatti, in pista, alle provocazioni.
Ieri sera, nel long program, è sceso sul ghiaccio, algido, irraggiungibile, concentratissimo, riempiendo la pista con la sua presenza, il suo carisma, la sua personalità, sulle note del sensuale “Tango de Roxanne” suonato dall’amico di sempre, il violinista Edvin Marton, con lo Stradivari che fu di Paganini.
E a Sheffield è calato il silenzio, come nei templi dell’antica Grecia durante una cerimonia sacra, che aveva come sacerdote il genio incontrastato di Plushenko che ha aperto con un quadruplo Toe, facendogli seguire il repertorio di salti che tanti allori gli hanno portato, trottole belle ed intense ed una sequenza di passi meno scatenata di quelle di altri programmi, ma simile più alla danza di Nureyev, di una grazia angelica.
 Azzeccata anche la scelta del nuovo costume, un completo giacca e pantaloni neri come la notte che gli hanno regalato l’aria ottocentesca che ce l’ha reso simile al principe Andreij di “Guerra e Pace” d Tolstoij, un gentiluomo d’altri tempi, una figura di cavaliere mitica ed irraggiungibile.
Quando la musica è cessata, quando l’ultimo movimento dello Zar è terminato gli spettatori di Sheffield, gli spettatori di tutto il mondo, hanno ripreso a respirare, qualcuno si è alzato in piedi, qualcuno ha pianto, perché l’arte, quella vera commuove, perché solo i grandi sanno toccare le corde più profonde del cuore umano.
Evgeni, invece, ha disteso il volto in un sorriso, quello di chi sa di avere dato tutto, e di avere ancora una volta vinto, ma di averlo fatto contro la cattiva sorte, contro la salute precaria e contro le penne avvelenate di chi lo considerava “un vecchio” che avrebbe fatto meglio a ritirarsi.
Ha raggiunto al “kiss and cry” Alexei Mishin, l’allenatore, l’amico, un padre quasi, si è seduto, tranquillo, con una serenità che non vedevamo da tempo in lui, ha atteso il giudizio, con la consapevolezza che il settimo oro europeo era già lì stretto tra le sue dita.
Barbara Castellaro.

1 commento:

  1. Questo articolo di Barbara Castellaro è sublime e commovente. Complimenti!!

    RispondiElimina